La Pineta di Castel Fusano
Immaginiamo un luogo dove la natura è protetta, dove è libera di dare la vita a sé stessa e di crescere con la minima interferenza degli esseri umani: è il rifugio che desideriamo quando sentiamo il bisogno di fuggire. Abituati al caos cittadino di Roma, cerchiamo spesso conforto tra il verde e la tranquillità dei parchi urbani, dove piante e fiori selvatici crescono spontaneamente e dove si possono osservare animali ormai rari. Villa Borghese, Villa Adriana, il Pineto, la Caffarella ed altri ancora, sono giardini storici, curati dall’uomo ma circondati da oasi naturalistiche di grande rilevanza ambientale e notevolmente belle da visitare.
Isolata dal rumore e dalle luci artificiali, la più ampia zona verde di Roma è situata ad una distanza di soli 5 km dalla foce del Tevere. Si tratta della Pineta di Castel Fusano un’area protetta istituita nel 1980 dalla Regione Lazio che copre una superficie di 916 ettari. Confina a nord-ovest con il Canale dei Pescatori e a sud-est con la Tenuta di Castel Porziano, residenza estiva del Presidente della Repubblica italiana. Inoltre, dal 1996 fa parte della Riserva Naturale Litorale Romano.
Il valore naturalistico di questa pineta è grandissimo, si tratta di un polmone verde nel cuore urbano a poca distanza dal mar Tirreno.
Entrando nel parco, una lunga e larga strada sterrata, parallela alla Via Cristoforo Colombo, storico collegamento dei romani con il mare, conduce alle dune prospicenti il litorale di Ostia e nel cammino è possibile inoltrarsi, con diversi sentieri, nel verde della pineta.
Oltre alla natura, nel Parco emergono numerose testimonianze di storia e di archeologia. Infatti, sono presenti e visibili alcuni frammenti di basolato usati per lastricare la Via Severiana che collegava l’antica Fiumicino con Terracina e in una radura in mezzo al bosco, distante soltanto 500 metri dal mar Tirreno, si trovano i resti di una villa romana, ritenuta essere quella di Plinio il Giovane (61 -114 d.C.). Nell’antichità sorsero molte ville in questa zona marittima, molto apprezzata poiché attraversata dalla Via Severiana, vicina al porto di Roma e a Roma stessa.
Il corbezzolo, il lentisco, la filirea, l’erica arborea, il mirto, l’alaterno, il ginepro fenicio, il rosmarino e l’osiride. sono solamente alcune delle 455 specie floristiche individuate nel parco. Durante il cammino nella pineta si incontrano alcuni punti di sosta attrezzati con tavoli e panche di legno. L’atmosfera che si respira è particolarmente rilassante e le regole da osservare sono sempre le stesse: rispettare la pace e il silenzio, non entrare con macchina o motorino, non sporcare, tenere i cani al guinzaglio ma soprattutto non accendere fuochi. Infatti, la pineta viene spesso colpita dall’azione di piromani o da incendi comunque dolosi. Tutti gli anni in estate il fuoco distrugge ettari di bosco ed oggi rimangono evidenti le tracce dei roghi passati. Emergono dal folto verde della vegetazione una moltitudine di rami neri, carbonizzati che feriscono il cuore.
L’area del Parco Urbano, già in epoca romana, era attraversata dall’antica via Severiana che collegava Roma al mare. In epoca medievale, ancora non esisteva la pineta, la zona era ricoperta dalla macchia mediterranea che ospitava molte specie animali come cinghiali, caprioli, cervi, daini, lepri, istrici, ricci e molte altre specie rappresentative dell’avifauna. A quei tempi l’area circondava il castello della famiglia Orsini ed era adibita a luogo ideale per l’attività venatoria. Fu nel 1713 che avvenne la trasformazione della zona. La famiglia Sacchetti, venuta in possesso della proprietà, la ricoprì con circa 7000 pini domestici (Pinus pinea) mentre, vicino al mare, piantarono numerosi lecci (Quercus ilex) e lungo le sponde dei canali anche olmi, pioppi e salici, arricchendo la spontanea macchia mediterranea sempreverde. Nei secoli, dopo alcuni passaggi di proprietà tra Principi e Re, la pineta fu aperta al pubblico: era il 21 Aprile del 1933.
Il 4 luglio del 2000, 300-350 ettari della pineta secolare e della macchia mediterranea sempreverde sono stati incendiati, e di questi 280 ettari sono andati completamente distrutti. Il 9 luglio del 2002, da giugno a settembre del 2003, l’11 luglio 2004, il 1° luglio 2004, altri gravissimi incendi hanno decimato ettari di riserva di pinus pinea. Ma non finisce qui. Nel luglio 2008 almeno altri 80 ettari di pineta sono spariti a causa di una serie di roghi di origine dolosa e per finire: il 17 luglio del 2017 un altro incendio doloso ha bruciato 100 ettari di pineta nella zona a ridosso di Via Cristoforo Colombo e di Via del Lido di Castel Porziano, causando oltre alla distruzione del bosco anche la chiusura di tratti di strade.
Ricordo che nell’anno 2000 passammo sulla Via Cristoforo Colombo, per raggiungere Ostia e il mare, il giorno successivo al grande rogo della Pineta. Ci assalì una tristezza infinita, un grande vero dolore. Gli alberi incendiati ancora fumavano e il caratteristico odore del legno sul fuoco non creava conforto come davanti ad un camino ma trasaliva un sentimento di angoscia profonda. Era la consapevolezza di aver perso qualcosa per sempre: una natura secolare scomparsa in un giorno, che le nostre generazioni non potranno più rivedere e godere.